RECENSIONI
John Banville
Dove è sempre notte
Guanda, Pag. 363 Euro 16,50Nel 2002 al festival di Venezia il leone d'oro andò al film di Peter Mullan Magdalene: un lucido atto di accusa contro l'ottusità di una società che in nome della religione infliggeva sofferenze ed umiliazioni a migliaia di ragazze "peccatrici" ed ambientato nell'Irlanda degli anni '60.
Qui gli anni sono i '50, ma la sostanza non cambia.
Vi è un traffico di bambini di donne madri non sposate – quindi corpo estraneo e pericoloso per la intolleranza cattolica - dall'Irlanda appunto verso gli Stati Uniti, Boston per la precisione, con l'unico intento di fare, dei pargoli strappati al peccato, numero per rimpolpare l'esiguo numero di preti e suore sempre meno allettati dalla "chiamata" dall'Alto.
E la storia di una famiglia, divisa tra le due terre, ma tenuta unita e guidata da un capo-famiglia accentratore, ma apparentemente angelico nella sua convincente filantropia (se non fosse che il romanzo è atto d'accusa di un potere secolare e non una denuncia del fallimento di una classe sociale, si potrebbe legare Dove è sempre notte ai Buddenbrock).
E' un romanzo soprattutto sul potere, quello maschile, ancor più che religioso (e non mi si venga a dire che spesso non è la stessa cosa) e sulla sua capacità tentacolare di occupare spazi vitali: Risalirono silenziosamente la strada principale deserta del paese bloccato dal ghiaccio – Ristorante di Joe, Motori di Ed, Articoli da pesca di Larry: a quanto pareva gli uomini possedevano tutto lì. (pag.287).
Ma non è un'egemonia merceologica quella che pervade la società del tempo, è un'invadenza pressoché totale e le uniche vittime sacrificali di questa millenaria supremazia sono le donne nella loro ricerca di spazi e di libertà sessuale e i bambini visti sempre come corpo separato, alieno, soprattutto se frutto di un peccato che è tale solo per un falso primato maschile.
Dove è sempre notte racconta, forse meglio di molti altri trattati politici, perché l'America attuale è imperialista, perché invade l'Iraq, perché ha eletto George Bush presidente della nazione più forte del pianeta per ben due volte, perché è l'unico paese occidentale ad avere la pena di morte e perché un'intellighentzia viva e culturalmente stimolante e a volte anticipatrice non può nulla contro un substrato reazionario, soffocante e forcaiolo.
Il romanzo di Banville, scritto con uno stile per nulla aggressivo, ma lineare nella sua tremenda efficacia, è un quadro di nefandezze: gli affetti e gli amori dei personaggi non sono mai liberi dalle ristrettezze delle convenzioni sociali e dai lacci di un potere secolare e religioso che è tale (e lo è sempre stato) per le coperture del potere economico e politico.
Karlheinz Deschner con la sua monumentale Storia criminale del cristianesimo (Edizioni Ariele) questo da anni denuncia, ma non vi sarà mai una completa contestazione del fenomeno (nel senso etimologico del termine) se non siano ad esso legati i nodi di una violenza quotidiana e raccapricciante.
Non sappiamo se Banville abbia voluto suggerirci questo (è probabile che la mia filippica sia solo una deriva delle mie predisposizioni avvocatesche): in qualche modo però avverto una sintonia con l'autore. Da una parte dunque un sussulto di coscienza, da altre parti (da varie parti) un riemergere di fantasmi tradizionalisti (ci mancava pure la restaurazione della messa in latino!).
di Alfredo Ronci
Dello stesso autore
Un favore personale
Guanda, Pag. 326 Euro 16,50«Pensi che la morte di Laura Swan sia avvolta nel mistero, giusto?» gli chiese. «Sento lavorare le cellule della tua materia grigia.» (Pag. 100).
Chi è un lettore o lettrice accanito/a di gialli come noi avrà provato un brividino di piacere nel trovarsi di fronte quelle due righe. In fondo Poirot, la 'magica' creatura di Agatha Christie, per antonomasia, operava grazie alle sue formidabili cellule grigie.
Qui il substrato è decisamente diverso.
Teoria degli infiniti
Guanda, Pag. 318 Euro 18,00Personalmente ritengo che leggere Banville sia come attraversare un terreno minato: se non stai attento, prima o poi scoppia qualcosa. E lo scoppio, come tutti sanno, non è mai una cosa piacevole. Men che mai quando il romanzo è latore di guai.
Ho un rapporto schizofrenico con lo scrittore irlandese: mi piace il suo modo tutto demodé di affrontare la narrazione, sembra sempre che la sua dimensione letteraria sia ad un passo dalla riverniciatura del passato
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