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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Riccardo Reim

Il cuore oscuro dell'Ottocento

Avagliano, Pag. 376 Euro 16,00
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E' un divertissement per raffinati e per eruditi: una selezione di frammenti di prose ottocentesche o proto-novecentesche, dalla Invernizio al Mastriani, da Garibaldi a Mussolini, destinata a raccontare zone d'ombra della nostra cultura rimaste tendenzialmente intatte a distanza di due secoli. Da questo punto di vista, il lettore generico non sentirà forse il desiderio di partire in caccia per riscoprire determinati autori – nessuno sembra brillare per originalità o per stile: è l'argomento la questione principe, l'argomento e basta – ma sentirà il vivo desiderio di confrontare determinati accadimenti e fatti di cronaca, dalla "carcerazione preventiva" tanto simile alla "guerra preventiva", alla Camorra che non ha mutato no(r)me né abitudini, dalle messe nere che sembra abbiano mutato soltanto ambientazione – con i giorni nostri. Riccardo Reim è partito in cerca di tutte quelle pubblicazioni che potevano, in qualche misura, rivelarsi epigone o speculari a una matrice prima:

I Misteri di Parigi (1842) del dandy Eugène Sue. In quel periodo, il dandy Eugène Sue scoprì il socialismo e si dedicò alla religione del popolo. Era alla quarta incarnazione, dopo il dandismo, il legittimismo, il satanismo. Quando pubblicò il libro divenne un caso letterario nazionale, prodromico a una valanga di variazioni sul tema in tutta Europa. La miseria – suggerisce l'opera – figlia delitto e abbrutimento. Nonostante critiche feroci provenienti da Sinistra (Marx in primis), l'opera attecchirà e diventerà un paradigma.

L'antologia, curata dal letterato Riccardo Reim, è strutturata in nove parti. La prima, "Luoghi e ritrovi", ospita una selezione di segreti e misteri dell'Ottocento italiano: dalle messe nere al Gianicolo, raccontate da Bresciani ne L'ebreo di Verona, al carcere di Torino detto "le Forzate", tenuto da monache, tristemente noto per la prigionia di cittadine soltanto sospettate d'aver commesso qualcosa, o d'avere la tendenza allo spionaggio; dalla Bettola della Lupa descritta da Sauli ne I misteri di Milano (1857), fedele descrizione del clima e degli avventori di certe osterie, al triste Seppellimento dei poveri descritto dal Mastriani in Le ombre (1868).

Di condizione dei detenuti si parla spesso: ne Le carceri della Vicaria, tratto sempre dal Mastriani (I misteri di Napoli), si racconta della scarsezza di cibo, della pessima qualità dell'acqua, del terribile fetore delle prigioni, della facilità di incontrare la morte; mentre ne Le fosche carceri del Granducato di Toscana, frammento proveniente da I misteri di Firenze del Maccanti, 1884, si ribadisce la "facilità" della morte nelle patrie galere, secoli prima.

Nella seconda parte, "Tipi straordinari", si parla – tra le tante pagine - di asmatica licantropia (Mastriani, I lazzari), della triste storia d'una ex cocotte divenuta accattona post malattia (Mendicante! della Invernizio) del venditore di basi per i furti (sempre Mastriani), che include un elenco dei ceti di provenienza per i subalterni, del Scior Dondina – Capo della Squadra Volante del Tivoli, terrore della mala locale, immortalato dal Valera di Milano sconosciuta, 1879.

Nella terza, ecco Oneste e disoneste, angeli e maliarde, sedotte e seduttrici: frammenti romantici, grondanti bolsa retorica o lirica spicciola, come nel caso della Bella vergine abissina della Invernizio, embrionale critica alla guerra coloniale in terra maledetta d'Africa. La sezione è un trionfo di inverniziate. Per chi ha l'inclinazione...

Nella quarta, Il Clero. Mastriani parla del celibato nel satirico e rabbioso frammento I vermi del clero; Ranieri racconta le turpi insidie di Don Serafino in Ginevra o l'orfana della Nunziata; Garibaldi racconta del male della famiglia umana "il gesuitismo e la tirannide" ne I mille, 1872, e del pessimo gesuita Gaudenzio; un prete è sempre un prete, cioè un nemico dell'Italia.

Last but not least, un Mussolini d'antan (1910) descrive l'eroismo coartato di Don Benizio, e del suo desiderio di Claudia, che non voleva consegnarsi alla sua passione.

Nella quinta, "Il brigantaggio", frammenti dedicati a donne dei briganti, a misteriose "brigantesse cortesi" (sempre Invernizio, Un episodio del brigantaggio, 1885). Nella sesta, "Associazioni e sette segrete", ecco prose su "lege di malviventi nati", come La scopola di Paolo Valera, sui proto-camorristi e sulla loro "zumpata" (Mastriani, I lazzari), sui cerimoniali di ammissioni alla Camorra (notevole: De Blasio, Usi e costumi dei camorristi, 1887; cinque, in tutto, i frammenti tratti dal libro).

Nella settima, "La plebe, il popolo, la folla", si parla di educazione popolare, dei diseredati dalla campagna, della loro condizione esistenziale infelice e complessa; nell'ottava, "Delitti superstizioni e fattacci", si va dai delitti del sesso debole (Giuditta Guastamacchia, pugliese, in Mastriani, La Medea di Porta Medina, pubblicato postumo nel 1914) alle superstizioni della Camorra (sempre a firma De Blasio). Infine, in "Impossibili peccati, impossibili misteri", scopriamo i vili godimenti della superpeccatrice Donna Folgore e dei "misteri non misteri" di Firenze, Lorenzini, 1857. Che spiegano quanto si fosse attenti alla confezione dei libri anche centocinquant'anni fa, in tempi non sospetti.





di Gianfranco Franchi


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Roma 2 novembre 2075

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Sono ancora deliziosamente agitato. L'elezione al soglio pontificio del primo papa gay mi ha riempito d'orgoglio e mi ha sinceramente commosso. Non capisco, anche se cerco in tutti i modi di carpirne il senso e le resistenze, il grido di dolore che viene da quelle frange un po', diciamocelo, oscurantiste ed oltranziste della società che vedono in questo voto la prova conclusiva di una perdita di valori e di un sostanziale avvicinamento alla fine del mondo.

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