RECENSIONI
Maxime Chattam
Il veleno del ragno
Super Pocket, Pag, 516 Euro 5,60
Onestamente mi chiedo come si possa ancora oggi scrivere di serial-killer. Ma non era passata l'ubriacatura? Evidentemente no, se il mercato anglosassone, e ora anche i francesi, rimestano nel torbido. Per carità, Maxime Chattam non è nuovo a simili imprese: anzi, con questo Il veleno del ragno l'autore chiude la trilogia dell'investigatore privato Joshua Brolin, ex profiler dell'FBI e cacciatore seriale. E ce lo rammenta anche a fine libro dove, con un siparietto, se vogliamo, anche ingenuo, ma vivace, ci avverte che le prossime avventure, pur non presentando il solito protagonista, saranno della stessa pasta (...sta a voi immaginare, comprendere quale sarà l'avvenire di Joshua Brolin...personalmente... non posso che calare pudicamente il sipario e lasciargli vivere ciò che sta per vivere... senza di me).
Teatrale, nemmeno fosse Conan Doyle che decide di "uccidere" Sherlock Holmes, o Agatha Christie che "elimina Hercule Poirot.
Perdoniamogli l'affronto: mi preme sottolineare del libro altra sostanza.
Può un recensore, parlando di un thriller, rivelare l'assassino? Ovvio che no. In questo caso però concedetemi d'indicarne il genere, solo quello, perché inconsueto: femminile.
Per carità, assassine nel corso dei tempi ne abbiamo avute a iosa, ma serial killer, che io ricordi, veramente poche, se non addirittura nulle, perché la psicologia del delitto alla "catena di montaggio" sembrerebbe essere tratto comune degli uomini. Con tutti i discorsi sulle violenze che ne seguono e che qui non mi pare il caso di affrontare, ma solo sottolineare.
Dunque, l'omicida plurimo de Il veleno del ragno è una donna, e ovviamente, che donna! Astuta, diabolica, irrefrenabile e a piede libero (ricordate il finale del film Il silenzio degli innocenti dove Hannibal Lecter, da una cabina del telefono, annunciava, in piena libertà, che presto avrebbe avuto a cena altri ospiti? Beh, con le dovute differenze, siamo là).
Il libro regge egregiamente le cinquecento pagine, anche se, come era già stato segnalato da noi orchi in precedenza, alla lettura de L'anima del male, l'autore ne combina sempre una delle sue. In quest'ultimo aveva messo sulla bocca di un funzionario di Portland una sentenza di De Gaulle (sì certo, Chattam è francese, ma chissà per quali reconditi motivi dovrebbe ambientare le storie nell'Oregon! E poi magari sproloquiare sulla grandeure). Stavolta invece "trucca" (nel senso proprio di truccare) la serial-killer con un travestimento che Eddie Murphy nei suoi ultimi film "familiari" non riuscerebbe a fare di meglio. Improbabile, come mettere una battuta decente in bocca a Barbara Palombelli!
Però, come dicevo, il gioco, perché di gioco si tratta alla fin fine, regge. E i lettori rimangono soddisfatti.
Dunque Joshua Brolin ci ha detto addio – ma non tirate fuori i fazzoletti, per carità – ma temiamo che i thriller che verranno dopo, senza di lui, non si discosteranno troppo da un sentiero che vuole l'autore, apparentemente defilato, in realtà molto legato, più di quanto lui stesso possa ammettere, ai meccanismi del giallo classico.
di Eleonora del Poggio
Teatrale, nemmeno fosse Conan Doyle che decide di "uccidere" Sherlock Holmes, o Agatha Christie che "elimina Hercule Poirot.
Perdoniamogli l'affronto: mi preme sottolineare del libro altra sostanza.
Può un recensore, parlando di un thriller, rivelare l'assassino? Ovvio che no. In questo caso però concedetemi d'indicarne il genere, solo quello, perché inconsueto: femminile.
Per carità, assassine nel corso dei tempi ne abbiamo avute a iosa, ma serial killer, che io ricordi, veramente poche, se non addirittura nulle, perché la psicologia del delitto alla "catena di montaggio" sembrerebbe essere tratto comune degli uomini. Con tutti i discorsi sulle violenze che ne seguono e che qui non mi pare il caso di affrontare, ma solo sottolineare.
Dunque, l'omicida plurimo de Il veleno del ragno è una donna, e ovviamente, che donna! Astuta, diabolica, irrefrenabile e a piede libero (ricordate il finale del film Il silenzio degli innocenti dove Hannibal Lecter, da una cabina del telefono, annunciava, in piena libertà, che presto avrebbe avuto a cena altri ospiti? Beh, con le dovute differenze, siamo là).
Il libro regge egregiamente le cinquecento pagine, anche se, come era già stato segnalato da noi orchi in precedenza, alla lettura de L'anima del male, l'autore ne combina sempre una delle sue. In quest'ultimo aveva messo sulla bocca di un funzionario di Portland una sentenza di De Gaulle (sì certo, Chattam è francese, ma chissà per quali reconditi motivi dovrebbe ambientare le storie nell'Oregon! E poi magari sproloquiare sulla grandeure). Stavolta invece "trucca" (nel senso proprio di truccare) la serial-killer con un travestimento che Eddie Murphy nei suoi ultimi film "familiari" non riuscerebbe a fare di meglio. Improbabile, come mettere una battuta decente in bocca a Barbara Palombelli!
Però, come dicevo, il gioco, perché di gioco si tratta alla fin fine, regge. E i lettori rimangono soddisfatti.
Dunque Joshua Brolin ci ha detto addio – ma non tirate fuori i fazzoletti, per carità – ma temiamo che i thriller che verranno dopo, senza di lui, non si discosteranno troppo da un sentiero che vuole l'autore, apparentemente defilato, in realtà molto legato, più di quanto lui stesso possa ammettere, ai meccanismi del giallo classico.
di Eleonora del Poggio
Dello stesso autore
Maxime Chattam
L'anima del male
Superpocket, Pag.478 Euro 4,90Sì lo riconosco, il libro è del 2002 (la prima edizione italiana è del 2004 e tra l'altro è il primo di una trilogia che ha già visto la luce), ma la riproposta in economica nei superpocket ci induce a spettegolare sull'autore e sulla mai defunta moda dell'acchiappa serial-killer.
Iniziamo con l'autore: francese di nascita, definito il golden boy del noir d'oltr'alpe, lui, tomo tomo cacchio cacchio se ne frega delle Alpi (mica è Grangé, anche se a lui lo paragonano, mica è Pierre Magnan)
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