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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Lidia Ravera

Le seduzioni dell'inverno

Nottetempo, Pag.185 Euro 14,00
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Questo romanzo ha fatto parte della cinquina del premio Strega, il premio letterario più avvinazzato che esista in Italia, considerando anche i vincitori delle ultime edizioni. Quest'anno la bottiglia gialla è andata a Paolo Giordano per il suo La solitudine dei numeri primi (a suo tempo prontamente recensito da noi orchi, che non si sono strappati i capelli) e la Ravera era lì, nel suo angolino piccino piccino, nella speranza di poter cogliere un'occasione per vendere qualcosina di più.

Beoni sì i giurati dello Strega, ma fessi no: probabilmente uno dei peggiori romanzi che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi. E dire che il raccontino No grazie pubblicato non molto tempo fa dalla Perrone editore ci aveva fatto sperare in un suo ravvedimento. Macché.

A tal proposito vorrei ricordare una battuta che fece il critico musicale Riccardo Bertoncelli su Claudio Baglioni. In pratica affermava che il cantautore romano era delizioso quando rilasciava interviste, ma appena si metteva a cantare meritava di essere lapidato.

Potrei dire la stessa cosa della Ravera. Se la ascolti quando parla (nelle poche occasioni in cui la si può vedere anche in tv, ovviamente) dice delle cose sentite ed intelligenti, ma gesummio quando scrive è peggio di una carestia.

Non c'è nulla in questo romanzo che possa essere salvato e visto attraverso la lente di un ri-disegnamento sociologico. Da qualsiasi parte lo prendi è sghembo, fuori squadra: non solo, ha la pretesa di essere anche engagé e sul filo di una lingua che vuole essere originale, ma raccoglie per strada soltanto stimoli falsi e pacchiani: Si era ripromessa di non parlare subito del suo romanzo e quindi non sapeva che cosa dire, non aveva ancora imparato a esercitare la funzione fàtica (??). (pag.55). Lo vedeva come uno scapolo asociale, sempre leggermente spleenetico, un po' noioso (e dio solo lo sa perché con due 'e' – pag.57).

Mi da tanto il senso della burina che per far colpo mette là qualche frase ad effetto, tanto, come diceva Enrico Montesano, 'nun so che vor di' ma ce sta bbene'.

Siamo cattivi: la Ravera è donna sensibile ed impegnata. Ma allora faccia qualcos'altro, ma non scriva: 'sta storia tristemente borghese, di due donne che non sanno come cazzo impegnare il proprio tempo e che fanno una scommessa per incastrare il marito della più facoltosa, fa venire la nausea. Non credo sia stata 'congegnata' come tentativo di riproporre vecchi 'stampi' femministi, nemmeno come saggio di sessualità tout-court (la Anna Maria, il vero deus ex machina della vicenda, se la fa pure con una giovanissima. Becchiamoci pure l'elemento saffico!). Lo dicevo prima, da qualsiasi angolo si guarda, a 'sta frescaccia non si riesce a dare un senso.

Mi chiedo: chi ha proposto il romanzo al premio Strega? Ma che nella letteratura e nei premi letterari vale il discorso, come in politica, delle quote rosa? Cioè a dire che dobbiamo per forza infilarci dentro una scrittrice se no il popolo intero se ne fregherebbe? (Ad essere maliziosi sembrerebbe così, negli anni cinquanta Moravia fece di tutto per 'spingere' la sua protetta Maraini. E infatti abbiamo visto i risultati!).

Le seduzioni dell'inverno è un fallimento, è uno stanco congegno di una stanca scrittrice. E' un vuoto pneumatico, come direbbe Verdone, è una lagna. Sembrerebbe una visione apocalittica dei rapporti umani e soprattutto dei rapporti tra uomini e donne già sfatti, anche fisicamente. Ma sfatta sarai te, scrittrice inutile, io, come diceva Moretti, sono uno splendido quarantenne (ancora per poco).



di Alfredo Ronci


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Vomitevole


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Lidia Ravera

No, grazie

Giulio Perrone Editore, Pag.93 Euro 5,00

Lo confesso: Lidia Ravera mi è sempre stata sulle palle. E spiego anche il perché (nella presunzione che ci sia qualcuno che lo voglia sapere): perché ha mortificato la mia voglia di lettura quando ero al liceo e perché il suo Porci con le ali (scritto con Marco Lombardo Radice) era l'unica cosa che si potesse trovare nella tasca di un loden di un qualsiasi ragazzo dei turbolenti anni settanta.
L'ho odiata perché pur non amando Manzoni, Leopardi e quant'altri

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