I Classici
'La Cazzaria' di Antonio Vignali: del cazzo e della sua cognizione.
Capolavoro ignoto del cinquecento senese, questo del Vignali, da inserire nella letteratura oscena che, allora più di oggi, arricchiva le tentazioni nazional-popolari degli eruditi più sfiziosi.
A tal punto capolavoro osceno che subito dopo l'uscita, in pochi esemplari, determinò l'allontanamento dell'autore, detto anche Arsiccio Intronato dell'Accademia degli Intronati, dalla sua città natale.
E’ il cattolicesimo laico, signora mia! : ‘Un altare per la madre’ di Ferdinando Camon.
Sono di formazione rigidissimamente cattolica. Sono di tendenza fortissimamente comunista. Non dico marxista, perché non sono, e forse non potrò mai essere, ateo. Del comunismo mi interessava il programma di riscatto sociale, l’affrancamento dalla miseria delle classi che ne sono schiacciate, quella operaia e
Un tragico regime da ridere: 'Le rose del ventennio' di Gian Carlo Fusco.
Sul finire degli anni Quaranta, Gian Carlo Fusco, dopo aver combattuto in Albania e dopo aver fatto la Resistenza, si stabilì a Viareggio. Per vivere dirigeva il Kursal Garden, uno dei locali più eleganti della Versilia. Dove si esibiva anche in qualità di presentatore e ballerino di boogie-woogie. Erano suoi compagni di lavoro, oltre a Mario Carotenuto, due esordienti che avrebbero fatto carriera: Fred Buscaglione e Katina Ranieri. Certe sere, dopo lo spettacolo, Fusco intratteneva un gruppetto d'amici, raccontando episodi paradossali per quanto autentici, vissuti al fronte o rievocando figure e casi del 'ventennio' fascista.
Romanzo 'ottocentesco', pletorico, ma utile: 'Fabrizio Lupo' di Carlo Coccioli.
Sull'utilità del medesimo provo a confrontarmi, per conto proprio, col prefatore: Walter Siti.
Dice l'ormai noto scrittore: Ha senso ripubblicare oggi questo libro monstrum perché è ancora mimetico del mostruoso coacervo di stereotipi che la società ha accumulato sugli omosessuali; ma gli omosessuali stessi, che pure si sono liberati del monumentale tra i pregiudizi che ingombravano Fabrizio Lupo (cioè dell'idea che etero e omo siano separati da compartimenti stagni e invalicabili) avrebbero torto a rimuovere, nell'entusiasmo, dell'engagement, l'ostinata persistenza delle contraddizioni.
La solitudine del numero uno: ‘I miei amici’ di Emmanuel Bove.
Se la Francia c’ha messo cinquant’anni per rendere il dovuto omaggio ad uno scrittore straordinario (Flammarion pubblicò l’opera omnia solo nel 1999), l’Italia, tranne qualche sparuta iniziativa di editore minore (Casagrande, Le Mani…) ha steso un velo pietoso su Bove.
Facco de Lagarda all'ombra di Eduardo: 'Marciano allegri'
Mi ero più volte ripromesso di tornare su Ugo Facco de Lagarda (per chi è interessato cerchi in archivio le schede su Le figlie inquiete e La grande Olga): innanzi tutto perché resta ancor oggi misterioso il disinteresse verso un grande scrittore, poi perché proprio la bellezza e la finezza della narrativa lagardiana non possono sopportare l'oblio del tempo.
Non è facile avere un quadro d'insieme dell'opera del letterato veneziano e naturalmente l'indifferenza, di cui sopra, delle case editrici ne impedisce una ricostruzione completa
La sopravvivenza di Hughes
La science-fiction degli anni Settanta era bellissima. Era pervasa dalla paura di un futuro fatto di sovrappopolazione, inquinamento e conflitti atomici, ma al tempo stesso era psichedelica, venata di speranza e colma della fantasia mediata dal movimento hippy. C’era la Guerra Fredda, certo, ma anche la speranza di un mondo migliore.
La modernità di cent'anni fa: 'Il delitto di Fausto Diamante' di Giovanni Comisso.
Scriveva Comisso a proposito del suo romanzo (finito nell'agosto del 1926 e pubblicato solo nel 1933 per l'editore Ceschina di Milano): ... rispecchia molto della mia vita in famiglia, a Treviso, e a Genova nel 1921. Un giorno nel porto di Genova un giovinetto guardava con estasi le navi in partenza. Gli chiesi come si chiamasse, mi rispose fiero: 'Il nome, come quello di un'opera lirica, il cognome, come il più duro dei minerali'. E smaniava di potersi imbarcare per andare nelle terre di oltre oceano. Così sorse il romanzo e il nome del protagonista...
Un ottocentesco Casanova in pieno furore anti-romanzo: 'La dura spina' di Renzo Rosso.
Si domandava Attilio Bertolucci nell'introduzione: E' ancora possibile scrivere un romanzo? La questione era lecita, perché La dura spina uscì proprio nel 1963, anno problematico per le sorti del nostro panorama letterario. Aggiungeva sempre Bertolucci: ... mi è d'obbligo comunque ricordare che nel non lontano 1963 il romanzo poteva ancora dare una prova di sicura vitalità con 'La dura spina' di Renzo Rosso. Era l'anno, qualcuno se ne ricorderà, che pareva urgessero ai confini i rivoluzionari, i distruttori, i rinnovatori. Ahimé ai confini si sono fermati.
Un affresco italiano: 'Racconti ambigui' di Enzo Siciliano
Scriveva Siciliano, commentando Gli indifferenti di Moravia: ...non è un romanzo benevolo nei confronti della realtà che interpreta(...) il volto italiano della spregiudicatezza sentimentale che sconfina nel malaffare, l'egoismo belluino che scardina i valori sacri della convivenza fingendo di esaltarli; e, di fronte, un diverso volto dell'animo italiano, che si esprime nella fragilità morale, nell'indecisione emotiva, nel sentimento di una rivolta che si paralizza al suo stesso esprimersi perché nell'esistenza tutto è vano, tutto è cenere in partenza.(Diario italiano 1997 – 2006, Perrone 2008)
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