I Classici
La letteratura come arte povera: 'I compagni sconosciuti' di Franco Lucentini.
Per correttezza devo ammettere che il titolo non è mio: nel senso che la definizione che la letteratura è un'arte povera, intuizione folgorante e che mette a tacere diatribe funeste sul futuro dell'arte del narrare, è del prefatore dell'edizione da noi considerata: Domenico Scarpa.
Intendendo con ciò l'abilità di raccontare con pochi mezzi, non perché inadeguato l'autore e il suo mestiere, ma perché proprio l'autore attua una sorta di sottrazione perché convinto dell'inutilità dello spreco.
La pigrizia dell'uomo libero: 'Onan' di Francesco Saba Sardi.
Qui si maneggia dinamite, perché l'involucro, una volta aperto, potrebbe esplodervi in mano. O magari l'esatto contrario: ovvero, essendo materia contorta e non facilmente esplicabile, finirebbe con l'essere ignorata. Come disse Ferdinando Giannessi tanti anni fa: Non è escluso che qualche lettore, preso dal capogiro, si fermi dopo venti o trenta pagine.
Romanzo che l'autore di Sesso e Mito stringe nella tenaglia di un linguaggio deflagrante ed inusuale, avanguardistico e gergale.
Tra 'essere poetico' ed 'essere storico': 'Conservatorio di Santa Teresa' di Romano Bilenchi.
Disse Bilenchi anni fa in occasione di un'intervista: Un romanzo deve cogliere lo spessore della vita, che è fatta di oggetti e di eventi concreti, ma anche di sogni e d'immaginazione. L'importante è cogliere quei rari momenti di turbamento, di emozione in cui l'uomo riesce ad ascoltarsi vivere, a prenderne coscienza...
Ad ascoltarsi vivere, in questo romanzo del 1940, è uno dei ragazzini più sensibili, e in qualche modo problematici, della nostra letteratura del Novecento:
L'uomo massa e l'uomo-mostro: 'I mostri in fiore' di Giovanni Nocentini.
... sebbene le microauto, gli scooter, i cibi, il vestiario e persino i divertimenti fossero prodotti di serie, ognuno alla fin fine aveva una casa propria, un proprio tempo disponibile per cui individualmente si era migliorato. Ma ad ogni modo, in questa monotona strisciata di geometrie, il signor Lodovico avvertiva lo stesso il rischio della m-a-s-s-a unama: una catastrofe potenziale che ad un certo momento avrebbe potuto annientare via Archimede e persino l'acropoli.
Non sappiamo se Giovanni Nocentini avvertisse in quegli anni (il libro è del 1969) la lezione di Marcuse
Un'estate dolcemente peccaminosa: 'Esame di riparazione' di Piero Spalletti.
Cantava Dalida in 'Il Venait D'avoir 18 Ans':
Il m'a dit: "j'ai envie de toi"
Il avait vu au cinéma
Le blé en herbes
Au creux d'un lit improvisé
J'ai découvert émerveillée
Un ciel superbe
Una rivoluzionaria nel convento: 'Le ore' di Dolores Prato.
Questo libro è una testimonianza vivida di un'anima in pena. Lei è autrice essenzialmente di due storie, Giù la piazza non c'è nessuno, che racconta della sua infanzia a Treja nel Maceratese, e questo Le ore che richiama la sua esperienza nel collegio-convento delle suore della Visitazione nel Monastero di Santa Chiara, sempre a Treja. Un momento della sua vita (appena dodicenne) vissuto come una frattura insanabile: Davanti a me, in penombra, il gruppo delle educande immobili come se fossero di cartapesta. Alle mie spalle il contemporaneo rumore di opposti catorci e paletti mi disse che ero già isolata nell'altro mondo. Non soffrivo e non capivo, ero spezzata.
'La Cazzaria' di Antonio Vignali: del cazzo e della sua cognizione.
Capolavoro ignoto del cinquecento senese, questo del Vignali, da inserire nella letteratura oscena che, allora più di oggi, arricchiva le tentazioni nazional-popolari degli eruditi più sfiziosi.
A tal punto capolavoro osceno che subito dopo l'uscita, in pochi esemplari, determinò l'allontanamento dell'autore, detto anche Arsiccio Intronato dell'Accademia degli Intronati, dalla sua città natale.
E’ il cattolicesimo laico, signora mia! : ‘Un altare per la madre’ di Ferdinando Camon.
Sono di formazione rigidissimamente cattolica. Sono di tendenza fortissimamente comunista. Non dico marxista, perché non sono, e forse non potrò mai essere, ateo. Del comunismo mi interessava il programma di riscatto sociale, l’affrancamento dalla miseria delle classi che ne sono schiacciate, quella operaia e
Un tragico regime da ridere: 'Le rose del ventennio' di Gian Carlo Fusco.
Sul finire degli anni Quaranta, Gian Carlo Fusco, dopo aver combattuto in Albania e dopo aver fatto la Resistenza, si stabilì a Viareggio. Per vivere dirigeva il Kursal Garden, uno dei locali più eleganti della Versilia. Dove si esibiva anche in qualità di presentatore e ballerino di boogie-woogie. Erano suoi compagni di lavoro, oltre a Mario Carotenuto, due esordienti che avrebbero fatto carriera: Fred Buscaglione e Katina Ranieri. Certe sere, dopo lo spettacolo, Fusco intratteneva un gruppetto d'amici, raccontando episodi paradossali per quanto autentici, vissuti al fronte o rievocando figure e casi del 'ventennio' fascista.
Romanzo 'ottocentesco', pletorico, ma utile: 'Fabrizio Lupo' di Carlo Coccioli.
Sull'utilità del medesimo provo a confrontarmi, per conto proprio, col prefatore: Walter Siti.
Dice l'ormai noto scrittore: Ha senso ripubblicare oggi questo libro monstrum perché è ancora mimetico del mostruoso coacervo di stereotipi che la società ha accumulato sugli omosessuali; ma gli omosessuali stessi, che pure si sono liberati del monumentale tra i pregiudizi che ingombravano Fabrizio Lupo (cioè dell'idea che etero e omo siano separati da compartimenti stagni e invalicabili) avrebbero torto a rimuovere, nell'entusiasmo, dell'engagement, l'ostinata persistenza delle contraddizioni.
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