I Classici

Un tributo: Emanuele Artom. I diari.
Nel giorno della memoria si dimentica spesso Emanuele Artom. Forse perché ebreo sì, ma partigiano. Meglio ancora: nella suddivisione a compartimenti del dolore o si appartiene ad una categoria o ad un'altra. Sarebbe ricordata la sua figura, a imperituro ricordo, se fosse stato deportato (rischio a cui andò incontro spesso) e finito in un campo di concentramento. Morì invece, perché sfinito dalla sevizie e dalle violenze a cui fu sottoposto sin dal giorno della sua cattura il 26 marzo del '44, il sette di aprile dello stesso anno.

Opera memorabile e proto fantozziana: "Misteri dei ministeri" di Augusto Frassineti.
Mescolanza al fulmicotone di Villaggio, Campanile, Malerba, Cavazzoni (ma non aspettatevi che inserisca Benni, lo detesto), ma la prima edizione di questo capolavoro risale al 1952 (Guanda) e fu solo l'inizio di un percorso che si concluse con l'edizione da noi considerata e che ebbe risonanza adeguata e giusta grazie anche alle note di seconda e terza di copertina di Calvino. Che diceva: (Frassineti) prende di petto il nodo più doloroso che impastoia la vita italiana, il male più incancrenito da cui nessun cambiamento di regime o d'istituti è riuscito a liberarci: l'assurdità burocratica.

Il Caligola di Camus
Caligola un giorno disse che i senatori erano tutti asini, e tempo qualche ora tutta Roma seppe che aveva nominato senatore un asino: Caligola era nato per creare leggende e diventare un mito, e Camus, con il suo occhio lungo di uomo abituato al deserto e alle riflessioni che sconfinano, dietro il suo mito scorse coscienziosamente quello del Dioniso nicciano. Lo scrittore svilupperà questa riflessione mitologica nel corso di un travagliato lavoro di riscrittura che, dal 1937 al 1958, lo porterà a redigere tre diverse versioni della sua opera teatrale.

L'universo 'glaciale' di Alice Ceresa: 'Bambine'.
Nelle bocche degli stolti, di questi tristi tempi, sciabordano parole come 'rispetto della vita', 'famiglia', 'Dio', 'religione' (e per i più nostalgici 'patria'): per placare le loro ire da erinni basterebbe confutare l'ipotesi (ma son certezze) che sugli imprevedibili comodini di siffatta umanità nulla è più prevedibile dell'assenza di confronto culturale e quindi di un buon libro.
Perché, ci si chiederà? Perché la buona letteratura ha sempre raccontato la famiglia, ma quasi sempre dal lato di una decostruzione dell'istituzione stessa: mica per sfizio, solo per realismo non esente poi da buoni sentimenti e a volte lieto fine.

Il blu e il nero. Colori di un'unica solitudine: 'Ferito a morte' di Raffaele La Capria.
Romanzo di fascinazione ossimorica. Scrive Giorgio Bàrberi Squarotti nell'introduzione all'edizione da noi considerata: Il romanzo di La Capria apparve nel 1961 ed ebbe in quell'anno uno fra i più combattuti Premi Strega, sopravanzando di un solo voto Delitto d'onore di Giovanni Arpino e Ballata levantina di Fausta Cialente.
Verrebbe da dire bei tempi, anche se sprofondare nella nostalgia è azione delittuosa (quegli anni poi, già segnati dalla tentacolare possanza dell'inciucio democristiano):

'Vivere ancora' di Ruth Kluger: tornare per scrivere, fuggire per ricominciare.
Non c'è niente di più bello nella vita che fuggire; se si tratta poi della fuga da un lager, non c'è bisogno di commenti. Lo stile di Ruth Kluger è sassoso ma intermittente per via di certe poesie scritte da piccola e sparse ad arte tra le pagine. A ciò si aggiunge l'ingrediente più rupestre: la caparbietà. La ragazzina non ama sentirsi chiamare col nome di Susanna. Infatti, preferisce l'altrettanto biblica Ruth, che, però, non emigra per fede stimando l'amicizia più dell'appartenenza alla stirpe.

Bugie e nudità: 'Un dolore normale' di Walter Siti
Non so se Walter Siti, scrivendo il suo secondo romanzo, abbia mentito per cercare piacere (o di piacere?), per vanità, per cattiveria, per insofferenza, per calcolo o chissà per quale altro motivo. So che ha mentito e lo dice pure, anche se in perfido ritardo: perché lo stare con te, m'ha condotto a scrivere un libro falso.
Ma da dove nasce la menzogna? Nasce dal percorso 'storico' delle sue ossessioni erotiche, dal fatto che il suo gnosticismo ha eletto una deità corporale/muscolare che si contrappone a qualsiasi altra cosa.

La vertigine dei generi in Mario Soldati: 'La verità sul caso Motta'.
Scriveva anni fa Alberto Arbasino: ... in fondo noi viviamo in una famiglia, abbiamo tre padri, lui [Moravia], Soldati e Brancati; abbiamo tre zii anziani, Gadda, Comisso e Palazzeschi, fratelli di nonni che non sono mai esistiti, e due zii giovani, Bassani e Flaiano.
Dunque lo scrittore di Voghera inseriva nella lista dei padri putativi Mario Soldati del quale, inopinatamente, non amava il grande successo Le lettere da Capri, anche se confessava che il giorno che faccio un romanzo mi viene fuori uguale.

La borghesia disgregata di Michele Prisco: 'Una spirale di nebbia'.
Si sorrideva sere fa per celia e per disappunto alla vista di due film in tv, giovanilistici per mercato e limiti, che disquisivano di crisi di mezza età e logoramento di sentimenti: Baciami ancora e l'impossibile universo mocciano di Scusa ma ti voglio sposare.
Il sorriso nasceva dall'esproprio d'intelligenza della prima pellicola mentre il disappunto nasceva dalla natura paradossalmente ambigua della seconda:

Il sesso come grido di rivolta: 'Agostino' di Alberto Moravia.
Era il 1942 quando Moravia scrisse Agostino: in piena tempesta bellica. Ed era a Capri, insieme ad Elsa Morante (appena due anni dopo, nel 1944, saranno 'latitanti' in Ciociaria, sfuggendo all'arresto). Un apparente contesto borghese, quando della borghesia lo scrittore romano aveva già assestato bordate e s'apprestava a continuare. Come infatti non interpretare l'atteggiamento e le voglie del giovane Agostino come una frattura col mondo ovattato in cui era cresciuto e dal quale vuole scappare anche se ignaro di future e dolorose inquietudini?
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