I Classici

Un libro troppo presto dimenticato: 'Ore perse vivere a sedici anni' di Caterina Saviane.
Vivo con mia madre: mio padre è un prodotto della stampa. Che frase solenne.
Sì, il padre era quel Sergio Saviane, scrittore, giornalista, che per molti anni tenne un'irresistibile rubrica su L'espresso e fu anche co-fondatore de Il Male. Lei la giovanissima figlia, che a sedici anni esordisce nell'allora prestigiosa collana 'Franchi narratori' della Feltrinelli e piazza un piccolo libro che nel corso del tempo è divenuto un oggetto di culto, ma mai ristampato per i soliti motivi che si ignorano ma che sono davanti agli occhi di tutti.

Il mondo insostituibile delle relazioni: 'Nel paese delle ultime cose' di Paul Auster
Saranno le catastrofi ecologiche, sarà la catastrofica situazione della politica italiana, sta di fatto che il titolo di questo libro continuava a ronzarmi nella mente, e non ho potuto fare a meno di riprenderlo in mano. L'ho trovato attuale. Non solo perché l'ambientazione indefinita si adatta ad ogni contesto, passato presente e futuro, non solo perché per la stessa ragione si presta, volendo, ad ogni possibile metafora, ma anche e soprattutto per la libertà inventiva che mescola una meticolosa verosimiglianza dei dettagli a un assoluto disinteresse per ogni tipo di spiegazione logica e per la ricostruzione di eventuali antefatti.

La malattia mentale come centralità del mondo: 'Fratelli' di Carmelo Samonà.
Centralità del mondo: forse troppo. Ma indubbiamente la stranezza della mente e di conseguenza i suoi comportamenti straniano e affascinano Carmelo Samonà. Ispanista famoso, che dopo i cinquant'anni pubblica il suo primo romanzo, Fratelli appunto (il tema degli intellettuali che si confrontano col romanzo e col genere è argomento sfizioso e da approfondire).
Una storia che affascinò subito gli addetti (era il 1978): mi chiedo se per sfinimento perché il 'politico' sovrastava il 'privato',

Il melanconico miracolo economico di Paolo Volponi: 'La strada per Roma'
Paolo Volponi decise finalmente di pubblicare La strada per Roma nel tentativo di ridare speranza e fiducia alle capacità di intervento culturale e sociale, come disse lui nell'introduzione, dilaniate dalle convulsioni più irriflessivi e contrastanti.
Il libro ha una lunga genesi, anzi se vogliamo, la storia di Guido, il protagonista, è una sorta di ombra che accompagnerà Volponi per decenni e decenni, fino a trovar 'spazio' solo nel 1991 quando le condizioni sembravano migliori per riconsiderare le possibilità del nostro futuro alla luce

Maeve Brennan, una vera grande del Novecento: 'Il principio dell'amore'.
Personaggi non proprio sani, d'accordo, enigmatici e fragili, ambienti malagevoli, idiosincrasie dai tratti qua e là forse troppo irlandesi: quelle narrate dalla straordinaria Meave Brennan sono però affezioni che nella descrizione esatta dei dettagli, nel continuum di una prosa incessante che colloca lo sguardo dentro e fuori i personaggi alternandolo con mirabile maestria, risultano vivissime ahimé anche a latitudini inferiori, per esempio quella newyorkese in cui visse la scrittrice nativa di Dublino e quindi anche la nostra di italici lettori.

Quando il romanzo di formazione era ben altra cosa: 'Frecce avvelenate' di Renzo Paris.
In un intervista che Moravia fece, nel lontano 1981, a Paris si leggeva: 'Cani Sciolti' è un romanzo post-sessantottesco in tutti i sensi (...) volevo ritrovare a tutti i costi la capacità di ridire, per giunta in mezzo a gente che aveva tolto la parola agli scrittori, che li voleva militanti. Comunque, l'ho fatta sul serio la vita del cane sciolto. (...) I cani sciolti si proponevano, tra l'altro, di fare la rivoluzione. Non ci sono riusciti. Dunque, invece di essere dei rivoluzionari si sono dimostrati dei rivoltati" .

Se 'Frankenstein' non è un romanzo horror ma d'amore, e di rabbia
Dimenticatevi il mostro. O meglio, scolpitevelo nella memoria. Dimenticatevi i generi letterari. Lasciateli ai poveri Filippo La Porta (dell'epoca e dell'oggi). Siamo nel 1818, del resto. L'Inghilterra vittoriana è piena di critici come i La Porta, gli Asor Rosa (quello che mette Gene Gnocchi fra i grandi narratori italiani contemporanei, giuro... chiedeteglielo!). Mary e Percy Shelley, quando fanno uscire il romanzo che porta il nome dello scienziato Viktor Frankenstein, sono subito sotto assedio. Orrore! Il romanzo è un genere nuovo, una cosa strana, parla di una... creatura. Orrore! E chi lo avrebbe scritto, Percy forse? Esce anonimo del resto

L'arte dell'intreccio o dell'uncinetto. C'est la même chose. 'La parola alla difesa' di Agatha Christie.
Probabilmente gli aficionados della regina del delitto si inalbereranno: ma come, si preferisce un libro come La parola alla difesa a classici iper collaudati come Assassinio sull'Oriente Express, Dieci piccoli indiani, L'assassino di Roger Ackroyd o all'opera teatrale, rappresentata continuativamente a Londra da oltre sessant'anni, Trappola per topi?
Sì, perché diventa anche un discorso di prevedibilità: come quando all'ascolto dei 'soliti' Beatles si preferiscono allievi dignitosi soprattutto per una questione di distacco dalle sfruttatissime partiture lennon-mccartneyane.

La fantascienza romantica di Ray Bradbury: 'Cronache marziane'.
Ha ragione chi dice che Bradbury è un autore 'prestato' alla fantascienza: non vi è nulla in lui che possa vagamente ricordare il classico scrittore di storie future o addirittura di distopie. Il suo è un mondo poetico fatto di improvvisi abbagli, di intuizioni anche giocose e di un'umanità derelitta: chissà, ma I pascoli del cielo di John Steinbeck, è quanto di più 'consanguineo' gli si possa accostare.
Cronache marziane, nel 1950, fu praticamente l'esordio romanzesco dello scrittore: in un clima da guerra fredda, col terrore di un disastro nucleare sempre incombente

Date al noir quel che è di Simenon: 'La camera azzurra'.
Esiste un aneddoto sulla velocità di scrittura di Simenon. Una volta Alfred Hitchcock lo chiamò al telefono. La segretaria rispose che stava scrivendo un romanzo. 'Ok' disse il regista 'allora aspetto in linea'. Direi battuta efficace.
Certo è che ripresentare l'opera omnia dello scrittore francese è impresa ardua. Ma Adelphi pare che abbia deciso di tentarla: e poi come non crederci quando sai che il maître à penser di simile iniziativa è Roberto Calasso, l'intellettuale più fico del globo che quando lo intervistano sta sempre tre quarti e ha il tocco frisson dell'uomo di classe.
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