I Classici
Jim Thompson. Un narratore fuori dalla grazia di Dio. Per fortuna.
Dei ventinove romanzi pubblicati da Jim Thompson tra il 1942 e il 1973, solo tre ebbero un'edizione 'normale', tutti gli altri uscirono direttamente in paperback. Cioè in quei volumi destinati a soppiantare le riviste pulp di prima della guerra (la seconda ovviamente), che erano venduti all'ingrosso ad una batteria di distributori che li consegnava a sua volta in quantità industriali alle edicole delle stazioni degli autobus, ai drugstores e ad altri punti vendita. Libri destinati, dopo poco tempo, a diventar carta straccia.
L'amore e l'odio, la morte e la malattia in Hubert Selby Jr
La strategia letteraria principe di Hubert Selby Jr, una delle massime voci della Letteratura Americana del Novecento, era l'assimilazione del discorso indiretto al flusso di coscienza. Senso di questa scelta, rappresentare con personalità e intelligenza emozioni, sentimenti, stati d'animo: acrobazie e contorsioni del pensiero, e dinamiche caotiche dell'anima umana; descrivere, al contempo, la rovina (la fatiscenza) delle istituzioni e della società occidentale, e dell'individualità monolitica pre-novecentesca.
La struggente preveggenza di Fausta Cialente
Trieste e Alessandria d'Egitto potrebbero essere le due 'sponde' dove collocare l'arte deliziosa e necessaria di Fausta Cialente. Scrittrice che, caso forse unico nella letteratura mondiale, nell'arco di cinquant'anni di attività, pubblicò solo sette romanzi. I romanzi così detti 'italiani' ambientati nei suoi anni di formazione appunto a Trieste e quelli successivi alla seconda guerra mondiale, e quelli definiti 'levantini' nelle terre (l'Egitto) della sua maturità, dal 1922 alla fine del secondo conflitto.
Il falso neorealismo di Ugo Facco De Lagarda: 'La grande Olga'.
L'aveva detto Gadda, in polemica coi neorealisti, che i fatti non bastavano per fare grande letteratura. E in un contesto frastornato, come quello del secondo dopoguerra, ma ricco di stimoli e 'visioni', come disse qualcuno, 'persero' gli scrittori di documenti, cioè coloro che basavano i loro romanzi solo sull'aspetto visivo della realtà. Vinsero quelli che, con buoni occhi per vedere ed interpretare la realtà, fecero anche bella narrativa: Moravia, Brancati, Rea, Fenoglio, Calvino, Montale, Pasolini, D'Arrigo. E in un quadro del genere, coi mostri sacri della nostra scrittura, mi son sempre chiesto che posto possa avere Ugo Facco De Lagarda.
Il grido d'orrore di Evgenij Ivanovich Zamjatin
Il Novecento è stato un secolo buio: è stato il secolo delle guerre più atroci della storia dell'umanità, del potere soffocante, umiliante e disumanizzante d'una burocrazia ciclopica, e della trasformazione esplicita dello Stato in Regime dittatoriale, franco omicida della libertà dei cittadini e avvelenatore della loro coscienza. Ne siamo usciti indeboliti, spaventati e scossi, decimati e tuttavia illusi che il ritorno dei regimi ad apparentemente democratiche forme statali significasse il principio di una rigenerazione, e di un cambiamento epocale
Splendori e miserie del signor G. (Che non è quello di Gaber).
La rubrica è dedicata a quei libri che per motivi vari (incuria, miopia, disinteresse, incomprensioni, buchi nell'acqua, atteggiamenti delinquenziali, ignoranza, leggi di mercato, tempo che passa?) sono finiti nell'oblio e che meritano di essere riproposti perché sono diventati, nonostante tutto, dei piccoli casi editoriali. Quindi... non vi aspettate che vi presentiamo i classici 'canonici, che so, Proust, Dostoevskji o l'ennesima edizione della Comédie Humaine di Balzac, ma quei testi che pur validissimi, se non addirittura capolavori, hanno sofferto un immeritato silenzio. Iniziamo con un romanzo straordinario di John Berger: G
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