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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

W.G.Sebald

Gli anelli di Saturno

Adelphi, Pag. 307 Euro 20,00
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Nell'agosto del 1992, quando la canicola cominciò ad allentarsi, intrapresi un viaggio a piedi attraverso la contea di Suffolk in East Anglia con la speranza di sfuggire al vuoto che si stava diffondendo in me dopo la conclusione di un lavoro piuttosto impegnativo.

In qualche modo, dunque, Gli anelli di Saturno costituisce una sorta di testamento perché pochi anni dopo il grande scrittore tedesco morì. Ma non vi è nulla nel libro che sposti di un millimetro la considerazione nostra dell'arte di Sebald e tanto più quella del suo metodo di esplicitare considerazioni e farne letteratura.

Semmai tornano alcune ossessioni, come quella della tragedia tedesca e della rimozione del dramma post-bellico (tema unico ed esclusivo nel fondamentale Storia naturale della distruzione): Sembra che, di quegli avvenimenti, nessuno abbia allora messo per scritto alcunché o serbato il ricordo. E anche quando interrogavi la gente di persona, era come se in quelle teste si fosse cancellato tutto.

Ma Gli anelli di Saturno non è un resoconto di guerra: tutt'altro. E' un viaggio che tocca località non pressate dagli ingorghi turistici ma che hanno importanza e suggestione per un dettaglio, per una vicenda, per una persona. E attraverso la fascinazione del luogo s'innestano ricordi e malie di storie di uomini: Michael Hamburger, traduttore di Holderlin, Chateaubrian, esule in Inghilterra, Roger Casement, forse il primo inglese che aborrì la schiavitù coloniale e rivela a tarda età la sua omosessualità, Edward Fitzgerald, eccentrico interprete della lingua persiana, che perde a cinquant'anni l'unico amore della sua vita, William Brown e che si lascia morire piano piano, devastato dagli acciacchi e dalla solitudine e Alec Garrard, singolare studioso che da più divent'anni è impegnato a ricostruire il plastico del tempio di Gerusalemme.

Com'è abitudine, nei libri di Sebald le vicende sono accompagnate da foto, che ritraggono spesso paesaggi o dettagli di una natura fuori dai circuiti di massa, o addirittura mappe particolari come quella della zona di Oxford per sottolineare la pazzia del genere umano: qui, negli anni cinquanta, in piena guerra fredda, le autorità inglesi installarono inquietanti piloni di cemento ed installazioni che erano top secret e che si sospettava potessero servire per costruire armi di distruzione di massa. In realtà una sorta di Stonehenge post-industriale.

A fine libro c'è persino un'istantanea che ritrae lo scrittore appoggiato ad un tronco di un albero gigantesco, come a voler sottolineare la piccolezza del genere umano rispetto alla natura e al tempo stesso il segno lasciato da un'avventura alla ricerca del tempo perduto.

Sebald andrebbe letto nella sua interezza: riscoprire soprattutto il già citato Storia naturale della distruzione, ma anche Austerlitz, Il passeggiatore solitario, Gli emigrati, Vertigini (tutti pubblicati da Adelphi).

La sua prematura scomparsa, a soli 57 anni per un incidente d'auto, ha lasciato un vuoto non solo nella letteratura, ma in quella ricerca tout court che da spazio sì al dettaglio, anche scientifico, ma legato a doppio filo ad un senso cosmologico e laico delle emozioni.



di Alfredo Ronci


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W.G. Sebald è sepolto nel cimitero di St. Andrew a Framingham Earl, vicino a dove aveva vissuto. Chissà se ci sono fiori sulla sua tomba. Scriveva su Le Alpi nel mare a proposito della cattiva abitudine umana di abbellire i loculi con fiori finti: ... quei fiori artificiali viola, malva o rosa, di seta o di nylon, di porcellana multicolore, o di lamiera o di fil di ferro, i quali sembrano essere non già segno di affetto imperituro, quanto piuttosto la riprova, alla fine emersa chiaramente nonostante le assicurazioni contrarie, che noi, della multiforme bellezza della vita, non sappiamo offrire altro ai nostri morti se non un surrogato dozzinale.

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