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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Salvatore Niffoi

La vedova scalza

Adelphi, Pag.182 Euro 15,00
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E' una profonda immersione nel cuore della Barbagia, terra senza tempo, anche se la vicenda si colloca storicamente, attraversando gli anni bui del fascismo. Senza tempo perché si tratta di un mondo antico e immobile, luogo di passioni essenziali, dove sopravvivere è duro e morire è facile. Dove ci si rassegna senza arrendersi, perché la morte è destino comune, sempre vicina e presente, ma è anche una delle poche carte che si possono giocare in una quotidianità priva del superfluo e a volte perfino del necessario. Dove il conflitto mortale fra il bandito barbaricino e lo sbirro venuto dal continente appartiene a una dialettica che travalica le circostanze storiche per collocarsi nel non-tempo di una battaglia cosmica. Dove il dolore non è mai astratto, ma pulsa nella carne e nel sangue, e dove l'amore si paga con il dolore al cento per uno.

Qui cresce Mintonia, mordendo la vita con gusto e con rabbia, Mintonia che vuole il suo uomo con la determinazione di una passione totale, che non ripudia il lato oscuro e tragico, e corre incontro ad ogni appuntamento come ad una festa, poco importa che sia una festa d'amore o di morte.

Il cromatismo delle passioni non conosce sfumature, ma si nutre di contrasti forti, di rosso e di nero. L'amore e la vendetta attingono ad un'unica forza. Il dramma finale si consuma in una scena di impatto straordinario, un'orgia di odio e sensualità impastati insieme dal cemento di una disperazione lucida e visionaria.

Le figure minori hanno tutte un proprio rilievo, un'evidenza che le fissa nella memoria. Dovevamo aspettarcelo, dopo aver gustato gli straordinari ritratti che popolano La leggenda di Redenta Tiria (Adelphi, 2005). La natura non è sfondo, ma co-protagonista, evocatrice di sensazioni forti e depositaria di leggi irrevocabili.

Stupefacente è l'uso del linguaggio, in cui l'idioma sardo si mescola all'italiano senza soluzione di continuità, spregiudicatamente, superando lo scrupolo di una comprensibilità puntuale e letterale, fidando nella forza evocatrice dei suoni. Non perché le parole siano onomatopeiche (spesso non lo sono) ma perché si presentano prepotenti e carnose, consacrate da un uso antico che le rende necessarie, e perciò intrinsecamente espressive.

Da leggere assolutamente e da rileggere subito.



di Giovanna Repetto


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Salvatore Niffoi

Ritorno a Baraule

Adelphi, Pag.200 Euro 16,00

Mi pare che l'espressione più adatta a definire la scrittura di Niffoi sia naturalismo magico. In quest'ossimoro si possono sintetizzare la sua arte e le sue contraddizioni. La sua arte si esprime in pieno in questo romanzo come nei precedenti, mentre le contraddizioni (non la dialettica dei contrari, che è essa stessa elemento prezioso, come già messo in luce nella nostra recensione a La vedova scalza, bensì qualche disomogeneità nel trattare la materia), mi sono apparse a tratti come disarmonie. Intendiamoci, non c'è niente di più armonico della prosa di Niffoi: vi invito ad ascoltarne il suono senza pensare al senso delle parole, e vi accorgerete che è canto e poesia.

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Salvatore Niffoi

L'ultimo inverno

Il Maestrale, Pag. 203 Euro 15,00

Sospettavo che prima o poi sarebbe successo. Era nell'aria, incombente, come i mutamenti del clima (e c'è, nel libro, anche questo riferimento politicamente corretto). Sapevo, o meglio temevo, che presto o tardi il genio di Niffoi sarebbe esploso come una melagrana matura. Che le sue pulsioni simboliste avrebbero rotto gli argini, che il suo gusto magico, per non dire mistico, avrebbe passato i confini. Che il fiabesco sarebbe diventato fiaba, anzi peggio, apologo. Temevo, e quasi prevedevo, ma non fino a questo punto.

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