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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Paolo Pedote

Storia dell'omofobia

Odoya edizioni, Pag. 319 Euro 18,00
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Più che una storia dell'omofobia, se si legge attentamente il bel saggio di Paolo Pedote, mi verrebbe da dire: storia generale dell'orrore.

Che pena davvero questi froci: maltrattati, derisi, impalati, emarginati, indifesi, violentati, stuprati. Ma l'orrore è condiviso, lo si è sempre saputo (vedere per questo Negri, froci, giudei & Co. L'eterna guerra contro l'altro di Gian Antonio Stella che, peraltro, firma anche la prefazione al volume in questione), ma Storia dell'omofobia, nella sua peculiarità, è excursus che deve essere raccontato. Anzi, potremmo dire per estensione, e senza nulla togliere al brillante autore, che questa storia si racconta da sé.

Che è essenzialmente di potere, d'infamia, di fallace interiorizzazione.

Cos'altro si può dire sul millenario potere della cultura maschile eterosessuale senza cadere nel risaputo e nell'ennesima banalizzazione? Cos'altro dire dell'infamia di chi non ha mai visto oltre il proprio naso e s'è adattato pedissequamente al dominio del più forte? Mai abbastanza dovremmo denunciare l'artificio del frocio vittima di se stesso e per questo motivo inutile all'umanità.

Ho sempre sostenuto, in una momento storico dove le ideologie sono, giustamente, franate (ma purtroppo sono franate non per consapevolezza, ma per indifferenza) che la battaglia per la difesa dei diritti di tutti può passare anche attraverso azioni potenti (non ho usato l'espressione 'violente' per non inimicarmi chi crede nella moderazione a tutti i costi. Ma risponderei: quanti altri Giovanardi o Buttiglioni dobbiamo sorbirci prima di reclamare una sacrosanta via alla giustizia?).

Sembra che la risposta del movimento siano solo i gay pride e le contrapposizioni tra associazioni. Che, come si è visto, non portano a nulla. O l'ossessione rivistaiola tipicamente frocista dei più che crede ancora che tira di più un pelo di cazzo che di figa.

Non si passa alla storia col falso seducente, che non inganna nessuno: si passa alla storia con l'azione (ebbene sì) e coi comportamenti che sono diretta conseguenza del pensiero e spalla dell'azione. Qui (e col qui intendo la vita degli omosessuali e gli orgiastici riti della noia) si continua a sopravvivere grazie (grazie??) alla radunate, ai villaggi gaii e ai saltimbanchi di mestiere (e nella peggiore delle ipotesi, ai froci di regime).

Paolo Pedote parla spiccio: racconta tutto quello che c'è da raccontare con lingua forcuta senza scendere a compromessi (e come potrebbe essere possibile con siffatta materia?). Manca (ma forse il libro per come è impostato, non lo richiedeva) una denuncia diretta di responsabilità.

L'ho rimarcata intervistando l'autore: va bene tutto, va bene il plurisecolare potere etero-machista ma questo da solo non giustifica l'orrore descritto nel libro.

E' il frocio che deve innanzi tutto analizzarsi (ma non con l'analista, che come ci racconta il Pedote, ha sempre fallito miseramente a cominciare da Freud e 'consanguinei') e rimettersi in gioco.

La frociaggine interiorizzata, secondo una bella espressione presente nel volume, deve essere l'inizio del riscatto, non la propria condanna. Che è ancor più devastante se viene da chi lo ha sempre preso nel culo. In tutti i sensi.

Riflettiamo. E poi 'armiamoci'.



di Alfredo Ronci


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