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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Henning Mankell

Il ritorno del maestro di danza

Marsilio, Pag.491 Euro 18,50
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Andiamo con ordine. 1999 Henning Mankell pone fine (almeno crediamo, ma ci farebbe piacere essere smentiti) alle avventure del commissario Wallander pubblicando Piramide (uscito sempre per Marsilio l'anno scorso). Un'antologia di cinque racconti che ripercorre la storia intera dell'ispettore più vicino a Maigret che la storia del poliziesco contemporaneo ricordi, dagli esordi durante la contestazione del sessantotto, a momenti decisamente più recenti.

Come già ci eravamo espressi in una segnalazione precedente, questa sorta di "omicidio letterario" ha dei precedenti illustri. Conan Doyle "uccise" la sua creatura letteraria Holmes, ma fu costretto a resuscitarla a furor di popolo. Così fece la Christie con Poirot e anche un grande del noir contemporaneo come Didier Daeninckx con l'ispettore Cadin.

Non sappiamo cosa ci sia dietro la "scomparsa" di Wallander. Usura del personaggio? Inevitabile conclusione di un'epoca? Sorta di viale del tramonto hollywoodiano?

Quel che è certo è che Mankell lo ha subito sostituito con un personaggio decisamente più giovane, ma "stretto" da incombenze esistenziali che lo fanno assomigliare assai al predecessore più illustre.

Qui il trentasettenne Stefan Lindman, ispettore della polizia di Boràs, a cui hanno riscontrato un tumore alla gola e dovrà pertanto sottoporsi a chemio, si trova di fronte ad un delitto che lo porta a confrontarsi con vecchi fantasmi (il nazismo) e rigurgiti ideologici marci, ma pericolosi.

Torna l'ossessione di Mankell: il delitto con il quale si "confronta" non è mai figlio di un improvviso cedimento, di una "sostanza" sociologicamente ristretta. L'evento delinquenziale ha profonde radici e come un iceberg, quello che esce fuori è la parte meno ingombrante del tutto.

Perché lo scrittore svedese sa perfettamente che ogni singulto di una collettività non si separa dal corpo a cui appartiene per sfizio o indifferenza, ma per dolorosa dipartita.

Sappiamo per esempio che Mankell è impegnato in prima linea nella lotta all'Aids e ha ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo impegno civile e sociale, come il Tolerance Award, conferitogli da Desmond Tutu a dimostrazione, quindi, di una perfetta aderenza alle problematiche del suo tempo.

Il ritorno del maestro di danza è un perfetto congegno narrativo (anche se le sue "quasi" cinquecento pagine" soffrono un po' dell'allungamento dei tempi) dove non viene mai a mancare quella sorta di firma autoriale che pone Mankell nella ristretta cerchia degli autori europei più convincenti e letti. Simenon poi come punto di riferimento. Ma a tal proposito aggiungerei dell'altro: sì siamo da quelle parti, ma anche quella "chiotta" indolenza, o insofferenza del quotidiano che siamo stati abituati ad attribuire a Wallander ed ora (senz'ombra di smentita) anche al nuovo ispettore Lindman, sono, io credo, da attribuire non solo ad una stanchezza del vivere, ma ad una comune attitudine della gente del nord.

Mi spiego: è indubbio che negli ultimi tempi il poliziesco svedese abbia riscontrato un successo impensabile (anche in Italia...un po' come negli anni '70 gli svedesi dominavano nel tennis!), ma questo "inaspettato" favore del pubblico è da attribuirsi anche ad un tratteggio dell'ambientazione che, di natura, offre spesso spunti di malinconico abbandono ( si veda anche la Asa Larsson o lo splendido romanzo di Hakan Nesser Il ragazzo che sognava Kim Novak).

Insomma, Simenon ci sarà pure nelle storie di Mankell, ma il crepuscolare modus vivendi dei suoi protagonisti viene anche dalla terra e non solo da una smisurata sensibilità.

In ogni caso una bella lettura. E anche Il ritorno del maestro di danza la è.



di Eleonora del Poggio


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Gustoso


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Avrei dovuto trovarlo prima. Questi romanzi, in fondo, pur nella loro varietà, hanno sempre girato attorno a un unico tema: che cosa è successo negli anni novanta allo Stato di diritto? Come può sopravvivere la democrazia se il fondamento dello Stato di diritto non è più intatto? La democrazia ha un prezzo che un giorno sarà considerato troppo alto e che non vale più la pena pagare?

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Per una volta tanto sono d'accordo con gli strilli di copertina. Si dice di questo libro: Sicuramente il romanzo più toccante della serie di Wallander. Vero: e direi anche il più politico.
E partirei da una considerazione che fa Fanny Klarstrom, una dei personaggi minori della vicenda: Ero una comunista convinta. In un certo senso lo sono ancora. L'idea di un mondo fondato sulla solidarietà continua ad essere la sola cosa in cui credo. L'unica verità politica che non può essere messa in dubbio, almeno secondo me.

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Scrive Mankell in alcune note alla fine del romanzo: è stato Tor Sallstrom, scrittore e amico dell'Africa, a parlarmi quasi di sfuggita durante una delle nostre conversazioni degli strani documenti in cui si era imbattuto nel vecchio archivio coloniale di Maputo, la capitale del Mozambico. In quei fogli si parlava di una svedese che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento era stata la tenutaria di uno dei bordelli più grandi della città che all'epoca si chiamava Lourenco Marques. La registrazione nell'archivio dipendeva dal fatto che era una contribuente importante.

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