Cinema e Musica
Damon Albarn continua a giocare ai cartoni animati. E gli riesce così bene...
Chissà perché stavolta se n'è uscito con le spiagge di plastica. Musica per pirati svogliati. Strane figure esotiche che si aggirano su lidi rottamosi. Un universo di pellicani con berretti di lana, gabbiani che gridano in lontananza. La bomba che si chiama Stylo (sapientemente preceduta da due pezzi travolgenti come White flag e Rhinestone eyes), e che , appena uscito, ha sparato l'album in cima alle classifiche, ci ha lasciato tutti stupiti. Con quel video delizioso (guardatelo qua: http://www.youtube.com/watch?v=h9vAOzYz-Qs&feature=channel).
L'incedere jazz e r'n'b della più grande soul singer del momento: Bettye Lavette.
Credo che in Italia la conoscano in sei (ed ovviamente mi ci metto pure io): i suoi ultimi dischi sono un distillato puro dell'arte del canto soul, ma per chi volesse togliersi lo sfizio di 'incontrarla' vada sul suo sito www.bettyelavette.com ed ascolti la versione da infarto che fa di un classico di Pete Townshend Love Reign O'er Me sotto gli occhi attoniti ed estasiati dello stesso Pete, di Roger Daltrey e della stagionata e un pochino lessa Barbra Streisand. Un evento da non mancare.
Le metropoli straniate di Matthew Herbert. One One, il suo ultimo disco.
L'uomo si sa è eclettico, ma secondo me pure ignorante, nel senso che ignora qualche realtà delle metropoli che arricchisce di suoni. Chissà, in questo progetto dedicato ad alcune città, quasi tutte europee tranne Palm Spring e Singapore, cosa gli sia passato per la mente quando ha deciso di inserire Milano e suonarla come se fosse ossessionata dai ritmi incalzanti di Metropolis. Perché per l'ascoltatore l'impatto è quello, una perfetta colonna sonora per un film di Fritz Lang: ma ahimé la capitale del nord, craxianamente da bere
Il dub dei Popuciàband naviga in rete e contempla la tempesta
Consultando Il dizionario del Diavolo dello scrittore e rivoluzionario Ambrose Bierce alla voce indipendente possiamo trovare la definizione: "individuo malato di dignità e dedito al vizio dell'indipendenza ovvero uno dei più preziosi tesori dell'immaginazione", e se il diavolo, è cosa nota, è sempre stato dedito alla musica, quella dei Popucià band è diabolicamente indipendente, dignitosa e immaginifica. Il loro ultimo album pop 2.0 è un concept magistralmente congeniato dal gruppo attraverso l'utilizzo di internet
Se il folk catalano rifà (benissimo) il verso a Faber.
Prendete un cantautore catalano. Fatelo cantare in catalano. Fategli strimpellare delle ballate folk acustiche venate di rock elettronico. A un tratto, vi accorgete che vi ricorda qualcuno. Vi basta un secondo per capire. Vi basta l'attacco del pezzo iniziale di questo splendido album El Nus e rimanete sbalorditi. La voce è come quella di Fabrizio De Andrè. La cosa stupefacente è che la lingua catalana è terribilmente simile, almeno nella fonia, al genovese di Creuza De Ma. A quel punto ti viene il dubbio che tu non stia ascoltando un album inedito del Faber che magari questo qui ha rubato da qualche parte. Invece no.
Il suo giorno è cominciato in sé. Morganicomio di Morgan.
Ma quale intelligenza?
Quale premura e urgenza c'è a non avere stima di sè?
Faccio di tutto per impedire il mio successo stesso
perchè son contro me stesso.
Perchè ogni vincitore per natura deve dominare
e per forza comandare
e non può nessuno subire
e io mai ti potrei ferire...
Ma che ti vuoi orchestrare? L'esperimento parzialmente noioso di Peter Gabriel.
Si è detto di tutto: e vuoi che a qualcuno interessi quel che ha da dire il Paradiso? Ma noi ci proviamo. Su Scratch my back l'ultima 'fatica' di Peter Gabriel e disco di cover si è discusso pure a sproposito. Qualche nostalgico dei Genesis si è industriato a crear l'alibi della fatica. Altri, forse morsi dal morbo berlusconiano del 'lassateme lavora'' ha ipotizzato che le pressioni a cui sono sottoposti certi artisti non fanno bene a nessuno (che? Pressioni? Ma se son dieci anni che l'uomo non fa un disco!).
Le vibrazioni di Four Tet sono la prova che in questa vita si può essere felici.
A contendere ai Massive Attack la palma di miglior disco dell'anno concorrerà sicuramente Four Tet. Di nuovo musica elettronica. Stavolta adagiata su tappeti sonori di un'immensità evocativa che tende a infinito (come direbbero i professori di matematica, o era algebra?). Kiern Hebden ci regala tracce gioviali, trascinanti (Sing), lo fa con un minimalismo sonoro e vocale (come nella sincopata ma incantevole Angel echoes). Sì, echi d'angelo profusi a volontà. Beat incalzanti in cui si incastrano leggeri tocchi dance (Love Cry).
La rivoluzione futurista di un 'power trio': 'Soli nel buio' degli Sweepers.
Già nel nome, questo power trio si porta un'onomatopea che incita ad una rivoluzione veloce, rapida, impropriamente direi "futurista". Sweepers. Suona facendo chiudere le labbra e facendo scorrere l'aria sulla lingua. Così si ascolta questo disco, con l'aria che sfronda l'ascoltatore.
Seconda prova, dopo l'omonimo del 2005, Soli nel buio, colpisce per la grande maturità e l'intelligenza musicale dimostrata dal trio composto da Tiziano Tarli (voci, chitarra, organi, violino e theremin e autore di libri come Beat Italiano e La felicità costa un gettone)
Il fascino etereo ed essenziale di Sade. 'Soldier of love'.
Quando nel lontano 1984 uscì Diamond Life più di qualcuno gridò al miracolo (meno quelli che dal canto pop s'aspettano comunque sfracelli): la voce suadente di una ragazza di origine nigeriana, accompagnata dal suo fido sassofonista, colpì l'immaginazione di molti, portando però alcuni recensori ad avventati paragoni con Billie Holiday.
Tutt'altro discorso e tutt'altra anima. Sade dimostrò comunque di non essere una meteora, ma già dal secondo lavoro, Promise, parte della magia svanì
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