Cinema e Musica
Volemose bbene. Festival della canzone romana.
Siamo entrati preparati a due ore di supplizio parrocchiale, e ne siamo usciti soddisfatti perché invece abbiamo visto uno spettacolo forse anche bello, professionale di sicuro.
Siamo snob? Magari no, però se c'è una cosa che detestiamo è quella pappa di volemose bbene, di Roma mia, di cuppolone, Tevere, e ciumachelle, di Belli e di Trilussa che sempre accompagna qualsiasi manifestazione dialettale romanesca, poesia, musica, teatro (intendiamoci, la Madunina, la gondoleta, 'o Vesuvio ci fanno lo stesso effetto ammorbante).
'The dark side of the moon': il giocattolone dei bambini psichedelici.
Probabilmente mi attirerò le ire dei nostalgici e dei bamboccioni, ma il superdisco degli amati Pink Floyd mi è sempre stato un po' sulle palle. Ora che l'hanno nuovamente ristampato utilizzando le sempre più sofisticate tecniche di riproduzione (il nuovo vinile ha ormai una grammatura che resisterebbe anche ad un pestaggio) necessita di un chiarimento.
La storia musicale ce lo ha raccontato in tutte le salse: l'abbandono di Barrett, le sperimentazioni dei 'rimasti' durante le esibizioni live,
Altro centro: 'Decadancing' di Ivano Fossati.
L'unico appunto al disco è il titolo. Avrebbe dovuto risparmiarcelo (chissà se Ivano è a conoscenza del singolo 'La decadanse' di Serge Gainsbourg cantato dalla 'musa' Jane Birkin: crediamo di sì, perché ce ne da una mezza conferma per come pronuncia la parola nel pezzo d'apertura. Ma lì si parlava di scambi di coppie, qui di speranze vane e di tempi duri, come avrebbe detto Dylan).
Il resto è pura beatitudine.
Ma il disco si nutre di un paradosso di fondo: stando a quanto dice lo stesso musicista, l'opera, contrariamente al solito, è nata e si è sviluppata in poco tempo,
Sonnellino a Santa Cecilia
Ultimo concerto dell'EMU Fest 2011 a Santa Cecilia, il 16 ottobre, ore 17,30. Una rassegna internazionale di Elettroacustica di avanguardia, che qua e la ci ha dato l'impressione di essere piuttosto retrò.
Programma di sala ben fatto, con l'utile accorgimento di riportare accanto al titolo del pezzo la durata in minuti e secondi (questo aiuta a capire quando applaudire, perché altrimenti non si sa che fare, e abbiamo l'impressione che gli esecutori qualche volta si divertano a farci dispetto rimanendo immoti quando invece dovrebbero lanciare il segnale). Sei composizioni in tutto. Andiamo per ordine.
La vecchiaia fa brutti scherzi: 'New Blood' di Peter Gabriel.
Del precedente Scratch my back avevamo scritto: ... è giusto o no che il pop-rock tenti la strada delle sovrastrutture (o sotto strutture dal momento che il disco in questione è a volte sottotono)? Perché Scratch my back ci ricorda certe tentazioni stinghiane, e si sa che quando l'ex Police parte per la tangente con le sue pulsioni intellettualoidi non lo ferma nessuno, o la stanca operazione di qualche anno fa di Joni Mitchell che ripropose i suoi classici con la pompa magna della magniloquenza orchestrale (Travelogue... a 'sto punto, molto meglio i Fleurs di Battiato che almeno avevano il pregio di non spostare di molto il discorso musicale dell'autore).
Il 'Velociraptor' dei Kasabian è un bellissimo dinosauro del pop rock britannico, uno dei pochi ultimamente.
Non so se è il lavoro più bello dei Kasabian. Certo il penultimo West Ryder Pauper Lunatic Asylum era un album notevole. L'attuale, uscito ad ottobre, è il quarto. Obiettivamente bello e in certi tratti notevole. Il tempo lo dirà meglio. Forse eguaglia il precedente senza mai riuscire a superarlo. C'è da dire che i pareri sono discordi (Onda Rock ovviamente l'ha quasi demolito con il suo snobissimo cipiglio critico letterario). Per quanto mi riguarda è un album a tratti sorprendente.
I duetti che fanno tanto male alla musica. Tony Bennett è recidivo: Duets II.
Le note informative dicono che il disco è stato realizzato in occasione degli 85 anni del grande vecchio. Fin qui bene, vuol dire che ha ancora l'ugola intatta (e ce l'ha!). Il discorso è un altro: un'operazione del genere la fece pure Sinatra poco prima di morire e non vorrei che la coincidenza portasse jella a Tony Bennett.
Si scherza, ma queste son americanate belle e buone e l'unica cosa da fare è cercare, nel marasma divistico ed opportunistico, di scovare quel poco che si può gustare. Proviamoci.
Nulla si crea nulla si distrugge: 'What Matters Most '- Barbra Streisand Sings The Lyrics of Alan And Marilyn Bergman (Deluxe Edition).
Ci si può anche scherzare sopra (e gli americani lo hanno già fatto: chi ricorda la memorabile battuta – quel 'ma vaffanculo Barbra Streisand' – che illuminava un film divertente, ma tendenzialmente reazionario, come In & Out?), ma un disco della 'divina' non può essere liquidato come un'operazione del tempo che fu.
Ad essere sinceri i fans e le persone più accorte aspettavano questo disco da parecchio tempo: il flirt tra la Streisand e i coniugi Bergman dura ormai da almeno quarant'anni e la versione deluxe dell'oggetto ne è una profonda testimonianza.
Il Rock europeo che non ha nulla da invidiare al dominio anglo-sassone: I Deus e il loro capolavoro 'Keep You Close'.
Sono arrivati all'ottavo album. Chi l'avrebbe detto. O forse sì, almeno io l'avrei detto. Il gruppo di Anversa, Belgio, tornano dopo tre anni da Vantage Point, con un altro bellissimo, a tratti strepitoso lavoro. Si chiama Keep you close e contiene "solo" 9 tracce. Una più bella dell'altra a dire il vero. Troppo poche. Innanzitutto la title track, il singolo, 'Keep you close', oserei definirlo il singolo dell'anno senza alcun dubbio. Un pezzo che rimarrà nella storia del pop-rock al pari delle tante ballate dei Coldplay.
L'altro mondo: 'Celestial Circle' di Marilyn Mazur.
Per carità, non voglio aizzare la cagnara e riproporre l'annosa questione della cultura alta e del suo opposto, ma nella musica di Marilyn Mazur s'avverte una tensione diversa rispetto alle sonorità a cui siamo abituati (qualcuno obietterà: ma non sai che la ECM propone da secoli certe scelte?).
Lei, nonostante sia ancora intorno ai cinquanta, di strada ne ha fatta e soprattutto di gente ne ha incontrata: da Miles a Evans a Shorter e non tacciamo la collaborazione, nel disco precedente, col sax di Jan Garbarek.
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