Cinema e Musica
Più che dispersione, diffusione: 'Afrodiaspora' di Susana Baca.
Lei è senza dubbio la terza figura della trimurti etnica (collocazione che fa tanto comodo a chi non può fare a meno delle etichette): insieme a Omara Portuondo (la mia preferita, la più intensa, dal vivo è un'esperienza indimenticabile e le sue canzoni su Buena vista social club sono tra le cose più commoventi che si possano ascoltare) e Cesaria Evora è senza dubbio una bandiera della diffusione della musica 'altra'. E diffusione ci sembra davvero la parola più convincente per illustrare l'opera e lo scopo di Susana Baca.
Prima o poi sarebbe arrivato l'omaggio a Vic Chessnut: 'Demons' dei Cowboy Junkies.
E' passato un anno e mezzo dalla morte, anzi meglio sarebbe dire, dal suicidio di Vic Chessnut per overdose. E finalmente un gruppo ha pensato bene di rendergli omaggio con una manciate di canzoni intense e drammatiche.
I Cowboy Junkies non sono nuovi a cover, ma in questo disco, nonostante il cantato della vocalist Margo Timmins sia per certi versi diverso da quello dello sfortunato artista (pensiamo all'influenza che Chet Baker ebbe per Chessnut e come quest'ultimo riuscisse ad affrontare classici jazz con la semplicità e tensione del suo vibrato.
Tacchi alti, sampietrini e taranta!
L'altra sera, 16 maggio usciamo da casa, dando il braccio a un'amica in tacchi alti, per andare al teatro Quirino a sentire Eugenio Bennato nel suo spettacolo musicale "Briganti emigranti". Percorso a piedi, pieno centro storico, vicoli pavimentati a sampietrini. Si attraversa Via del Corso tuttora misericordiosamente coperta di normale asfalto col suo bel colore grigio scuro, per poi riprendere il tortuoso percorso sui sassi. La signora al mio braccio barcolla spesso, qualche volta si ferma con un piede nudo, perché la scarpa è rimasta azzannata dal selciato. All'arrivo i tacchi sono sbucciati come banane e l'equilibrio di entrambi è stato messo a dura prova.
L'acid tecno-rock degli Aucan, fiore all'occhiello della produzione underground italiana
Bello poter parlare bene della musica italiana. Bello poterlo fare andando a spasso per i generi musicali. Loro sono di Brescia. Al terzo album, Black Rainbow. E, francamente, rimangono un gruppo convincente. Soprattutto perché sono abili nel non avere un genere inquadrabile, etichettabile. Di base, si parte con l'elettro. Coi Synth. Poi, sopra, in mezzo, di fianco, c'è di tutto. Dal Dub, all'hip-hop, al rock. Ogni brano è una storia a sé, ma ogni brano rimanda all'altro. Come un tappeto volante sui cui si alternano passeggeri diversi.
A proposito di musica: Il computer onnipotente
Forse non tutti sanno che oggi, dopo aver completato una registrazione digitale di musica, fi-nalmente libera dalle interferenze acustiche del passato, con una dinamica totale per cui si va dal pianissimo al fortissimo senza distorsione del suono, possiamo, grazie a un programma del computer, ricreare il fruscio del vecchio vinile. Ma come! Avevamo fatto tanto per toglierlo, questo fruscio, che dopo pochi passaggi si arricchiva di scrocchi e salti di solco fino a rendere il disco inascoltabile, e adesso c'è un marchingegno che ce lo restituisce!
Merkel sceglie Draghi, i tedeschi scelgono la Pavone: 'Ihre Größten hits'
Ai tedeschi il compito di antologizzare, a noi italiani quello di fare i conti col nazional-popolare. Sulla cui utilità sarebbe noioso soffermarsi perché vale il principio che non di solo pane si vive. Poi qui abbiamo la Pavone, che volente o nolente, ha rappresentato un modello di riferimento per un'intera generazione: sbarazzina e inconcludente? Andiamoci piano. Innanzi tutto un talento sconfinato che se fosse nata negli USA avrebbe fatto il botto
Lei potrebbe davvero cantare l'elenco del telefono: 'Sing it loud' di K.D.Lang and the Siss Boom Bang.
Ho sempre detto che mi piacerebbe vederla accanto ad artisti come Chris Isaak, il mio adorato Amos Lee, a Shelby Linne, ma anche a Lucinda Williams: prima o poi qualcosa accadrà (forse i Calexico ci metteranno lo zampino?)
Aspettavamo questo disco dopo l'antologia doppia Recollection del 2010 e qualche avventura non troppo entusiasmante (vedi A wonderful world accanto al grande vecchio Tony Bennett, e Watershed): ed il risultato ci conforta.
Più imbarazzante di così: 'Interplay' di John Foxx and the Maths.
Credo che nella musica ci siano due correnti che non demordono: quelli che pensano che fare sempre la stessa musica sia conveniente e decoroso (se non addirittura glorioso) e quelli che invece non s'accorgono che fanno la stessa musica (c'è differenza eccome!). Quest'ultimi appartengono a quell'area di simil soul tutta campionata che è repellente per la fatuità e l'omogeneità dei prodotti (basta sintonizzarsi una sola volta su MTV, magari 'beccare' la classifica dei singoli più gettonati, e rendersi subito conto di quanto quello che si trasmette è diverso solo perché son diversi quelli che lo cantano
Per me è 'ni': 'Vamp' di Nada.
Ero rimasto a Tutto l'amore che mi manca, album soddisfacente, con qualche pezzo gagliardo, e che aveva visto la produzione di John Parish ed il contributo di Howe Gelb (che chi ci segue sa con quanto amore lo teniamo in considerazione). Certo Nada non è una che si dissangua nella produzione discografica: sembra una tipa accorta e centellina con certosina coerenza le sue incisioni. Tomo tomo cacchio cacchio e silenziosamente è arrivato Vamp, che di materia gossip è privo, ma non privo di spunti.
Il mezzo fascino tribale di Paul Simon: 'So beautiful or so what'.
Ho sempre avuto un conto in sospeso con Paul Simon, già dai tempi con Garfunkel. Nel senso che la sua musica, nonostante abbia toccato vertici assoluti, non ha mai pizzicato realmente le corde del mio cuore. E con tutta franchezza non so perché.
Lo ritengo autore da alti e bassi nonostante certe intuizioni che hanno lasciato il segno, (vedi Graceland), ma per esempio il suo ultimo disco da studio prima di questo, Surprise, era noioso ed irregolare
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